Alzheimer: ricordami di “me”
Alzheimer: definizione e vissuti psicologici di pazienti e familiari
Il morbo di Alzheimer, descritto per la prima volta nel 1907 dal dottor Alois Alzheimer da cui prende il nome, è una sindrome progressiva neurodegenerativa che colpisce generalmente persone anziane sopra i 65 anni.
La malattia è caratterizzata da un processo degenerativo che distruggendo lentamente e gradualmente le cellule del cervello, causa un irreversibile danneggiamento di tutte le funzioni cognitive superiori. Nelle persone affette da Alzheimer, infatti, si assiste a una compromissione del ragionamento, della concentrazione, dell’orientamento, della memoria e del linguaggio, fino ad arrivare negli stadi più avanzati della malattia, a modifiche della personalità, disturbi di percezione, di parola e di deambulazione, incapacità di deglutizione e di continenza. Tali ripercussioni fisiche causano la perdita dell’autonomia funzionale e la capacità di compiere le normali attività quotidiane.
Le importanti conseguenze fisiche che il morbo determina creano vissuti emozionali e psicologici complessi e dolorosi sia per il paziente sia per la famiglia. Le prime fasi della malattia sono contraddistinte da un elevato grado di consapevolezza da parte del paziente rispetto le sue problematiche e la sua difficoltà nel non riuscire a svolgere le attività di prima. Tale coscienza lo porta a sperimentare sentimenti d’impotenza, rabbia, insicurezza, delusione, dispiacere, confusione e diffidenza.
La presenza di deficit così invalidanti fa emergere vissuti di ansia e depressione: chi soffre di Alzheimer, non riuscendo più a svolgere autonomamente quelle azioni un tempo scontate, si sente svilito e triste. Inizialmente si arrabbia, in seguito la rabbia lascia il posto a sconforto e rassegnazione.
Nelle fasi più avanzate della malattia pur essendoci una cancellazione dei ricordi, non si assiste alla rimozione dell’impatto dei sentimenti e delle relazioni sociali; ciò significa, per esempio, che pur non ricordando la recente visita di un familiare o amico, la persona affetta dal morbo di Alzheimer, manterrà a lungo le emozioni e gli stati d’animo suscitati da quest’ultima. È chiara, quindi, l’importanza di continuare comunque ad avere contatto emotivo con chi è affetto dalla malattia e sostenerle attraverso contenimento psicologico, supporto relazionale, vicinanza fisica e divenendo non solo un riferimento pratico nella quotidianità ma diventando anche la loro memoria storica.
Qual è l’impatto dell’evento Alzheimer sul nucleo familiare?
Le problematiche connesse alla sindrome, tuttavia, non si limitano al paziente bensì si ripercuotono nell’intero sistema socio-familiare nel quale egli è inserito: familiari, parenti e amici si trovano a dover affrontare da un lato un radicale cambiamento della personalità del malato, dall’altro la riorganizzazione di abitudini e ritmi di vita (completamente stravolte!), in funzione del benessere della persona sofferente.
Nei primi mesi, familiari e caregiver attraversano distinte fasi:
- Fase della reazione emotiva, caratterizzata dall’ansia causata dall’avvenimento stressante
- Fase dell’elaborazione cognitiva, durante la quale si cerca di scoprire il “perché” della presenza della malattia nella propria famiglia o si prova a negarla, sminuendola e sperando scompaia
- Fase della ristrutturazione, in cui si giunge a un’accettazione, seppur sofferta, e si pone una grande attenzione alla valorizzazione delle risorse in possesso al malato
Le emozioni che guidano il familiare lungo il decorso della malattia sono contraddittorie e conflittuali. Si susseguono vissuti di commiserazione, affetto, rabbia, nervosismo, affaticamento mentale e desiderio che l’esperienza finisca prima possibile con il conseguente senso di colpa che emozioni di questo tipo generano.
Come aiutare il paziente affetto da Alzheimer e i suoi familiari?
Dal punto di vista della gestione, può essere utile: aiutare la persona a conservare la propria dignità, tenendo presente che il paziente assistito è ancora un individuo che sperimenta emozioni e sentimenti! Si dovrebbero, inoltre, evitare conflitti, poiché causa di uno stress inutile sia alla persona fonte di assistenza sia al malato. Anche mantenere aperta la comunicazione e donare ai pazienti piccole gioie, attraverso l’umorismo e il contatto fisico, è un aspetto importante. Parlare con calma, tono pacato e tanta pazienza alla persona affetta da Alzheimer la aiuterà a non sperimentare inutili paure. Inoltre, l’ausilio di filmati o foto per fargli ricordare chi era e chi siamo noi per lui, lo faranno sentire meno disorientato sperimentando gioia e piacere nei momenti di maggior lucidità.
Dal punto di vista emotivo, per i familiari e soprattutto per il caregiver è importante:
– accogliere il supporto che può giungere da altri membri del nucleo familiare affinché il carico non gravi su una singola persona
– fare delle pause dal ruolo di assistenza e riuscire a conservare del tempo per sé da dedicare ai propri interessi e alle proprie relazioni sociali
– chiedere aiuto a una figura esperta e competente che lo affianchi attraverso un sostegno psicologico
Il familiare che assiste un malato di Alzheimer può trarre beneficio rivolgendosi a uno psicologo con il quale instaurare un percorso di supporto che faciliti una migliore comprensione della relazione con il malato e delle reazioni emotive da questa suscitate. Ricorrere a un professionista permette al caregiver di trovare uno spazio all’interno del quale potere esprimere apertamente le proprie emozioni e le proprie paure e non rimproverarsi delle problematiche prodotte dal morbo. È fondamentale la creazione di un momento tutto per sé, che serva sia a ridurre il peso di una situazione faticosa sia a trovare le strategie più adatte per far fronte al complicato compito dell’assistenza.